BIM Stories
Storie di Bimizzazione di Organizzazioni tecniche
Un Professionista stand alone: l’esperienza dell’ing. Iunior Michela Bendotti
Di Livio Izzo* – Il Giornale dell’Ingegnere
Questo mese entriamo in una storia di BIM “Estrema”, non nel senso di estremamente complessa ma, al contrario, di estremamente semplice: Un Professionista stand alone.
È abbastanza un luogo comune pensare che il BIM, “per la sua complessità”, si adatti bene a situazioni complesse perché rende i flussi di lavoro più fluidi e interoperabili. E questo è assolutamente vero, ma lo si dice implicando che il BIM mal si adatta a situazioni semplici: e questo è falso! E la ragione sta nel fatto che ciò che chiamiamo genericamente BIM è una tecnologia scalabile, con un ambiente di lavoro che da quello di base può essere reso molto performante con lo sviluppo di specifici plug in, con funzioni (e oggetti) con mille parametri potenziali, ma che possono essere popolate anche con pochissimi di essi. In poche parole: ambiente molto elaborato per temi complessi ed ambiente strettamente di base per temi semplici.
In questo articolo entriamo nello studio di una collega, l’Ingegnere Iunior Michela Bendotti di Ponte Nossa (BG), che opera prevalentemente nel privato e che si propone come unica interfaccia col cliente: dall’incarico fino alla richiesta dei permessi in BIM. Ottima occasione per misurare la fondatezza delle affermazioni di cui sopra.
Ing. Bendotti, in che anno ha iniziato ad interessarsi di BIM e quali vantaggi, oggettivi ma anche soggettivi, ha percepito per la sua professione?
“Non c’è una data precisa di inizio. In effetti il mio interesse per il BIM è stata una naturale progressione dall’applicazione della modellazione 3D che inizialmente ho approcciato con il classico Autocad, all’inizio della mia attività, già come praticante geometra… stiamo parlando della fine anni ’90”.
Quali attività ha BIMizzato per prime e con quali aspettative?
“Ai primi approcci non ero completamente consapevole di maneggiare il BIM, era più un modello 3D da cui capivo di poter estrarre dei dati per me interessanti, più di controllo che altro (es. le superfici dei vani per controllo delle superfici di pavimento, banalmente)”.
Come è arrivata al primo progetto di implementazione?
“Il primo progetto che io ricordi è stata la progettazione di una villetta appoggiata su dei box esistenti: tutto doveva essere preciso al cm già in fase di progetto perché la committente doveva riutilizzare tutto ciò che aveva nella precedente residenza. Quindi dovendo avere quel tipo di controllo e volendo fornire alla cliente una visualizzazione tridimensionale e con foto-inserimento, il passaggio all’utilizzo consapevole del BIM è stato naturale.
La vera e propria implementazione dell’ambiente è stata, cioè, basata sull’utilizzo naturale delle funzioni base del software di BIM Authoring da me scelto”.
Che tipo di risorse esterne ha coinvolto e con quale processo le ha individuate?
“In realtà nessuna: i colleghi che collaboravano al progetto (strutturisti e impiantisti) non avevano la minima idea di cosa fosse il BIM”.
Il primo progetto ha avuto esito positivo? In che misura ha soddisfatto o meno le attese?
“Questo primo progetto si è rivelato un ottimo investimento (in termini personali) in quanto essendo un progetto semplice mi ha permesso di costruirlo in BIM senza dover impiegare troppe energie, oltre a quelle che già un progetto richiede, e mi ha permesso una notevole semplificazione della computazione dei materiali e del controllo delle interferenze tra elementi”.
Quali sono stati i fattori e gli attori, interni o esterni, determinanti e/o favorenti e/o frenanti?
“L’unico fattore determinante è stata la mia curiosità nel capire se quel tipo di approccio fosse per me potenziante”
In quali altri ambiti ha poi sviluppato con successo la BIMizzazione e in quali l’ha ritenuta non conveniente e/o ha ottenuto insuccessi?
“Trattando, in generale, piccoli interventi, ho sempre utilizzato il BIM solo ed esclusivamente per una mia comodità. Ho notato che chi normalmente ‘satellita’ in queste realtà sono piccoli studi che non hanno particolare interesse nei confronti del BIM (a volte neanche della virtualizzazione 3D), forse perché non lo vedono necessario a fronte di un impegno iniziale che si evita, a volte per pigrizia mentale e spesso, sicuramente, perché assorbiti nel quotidiano. Forse ci vorrebbe un evento eccezionale e assolutamente inatteso, come è stato per le piattaforme di videochiamata; la tecnologia era matura da almeno un decennio, ma pochissimi la usavano; oggi sono diventate uno strumento di uso corrente per chiunque”.
Per le sue applicazioni, le funzioni di base dei software BIM si sono rivelati sufficienti per le sue esigenze o ha dovuto (far) implementare funzioni ad hoc?
“Alcuni dei software che avevo testato inizialmente erano piuttosto rigidi e in certi casi potevano trattare solo oggetti parametrici, ma non adattativi, condizione abbastanza limitante. Ad oggi credo che, come nella maggior parte dei software, si usi una minima parte delle sue potenzialità, il che si rivela più che sufficiente, almeno per quanto mi riguarda”.
Quanti tipi di software utilizza oggi per le sue applicazioni, con quali funzioni complementari o alternative ed in quali ambiti li ha trovati maggiormente efficaci?
“Utilizzo un software di modellazione BIM e un software per la computazione; il mio prossimo step sarà quello di interfacciare i due software con applicativi dedicati che li mettono in comunicazione diretta”.
Le è capitato di interfacciarsi con altri professionisti in una collaborazione BIMizzata?
“Purtroppo, no: con qualcuno siamo arrivati al massimo a uno scambio di 3D ma niente di più. Ciononostante, a oggi non riuscirei più a progettare in 2D, sentirei una sorta di incompletezza; questo non vuol dire che io curi il BIM in modo maniacale in ogni progetto, ma l’utilizzo anche solo a livello semplificato (ad esempio modello un elemento unico e non tutte le stratigrafie di una pavimentazione esterna) consente comunque un controllo generale e pressoché immediato”.
Il BIM incide solo nella sua operatività o anche nel rapporto con i Clienti e/o con le PA e/o con le imprese destinatarie dei suoi progetti?
“Ha inciso sempre e solo nella mia operatività (anche in termini di sicurezza di risultato in campo computazionale; al cliente poco interessa come arrivi al risultato). Il cliente privato al limite gode della presentazione 3D che può essere fatta però anche con un modellatore non BIM”.
Ha registrato un vantaggio, in fase precontrattuale, per merito della sua maturità digitale?
“Non ne ho la controprova e quindi direi di no, ma sicuramente la grafica con cui si presentano le proposte rende più fluido il dialogo perché aumenta la comprensibilità della proposta al cliente”.
Ringraziamo l’Ing. Iunior Michela Bendotti per la sua disponibilità e franchezza che sicuramente saranno utili ai tanti Ingegneri “individuali” che potranno approcciarsi con minore diffidenza a questa tecnologia ormai matura per qualunque dimensione organizzativa.
Articolo estratto da “Il Giornale dell’Ingegnere” n.9/2023
*Esperto CNI in Comm. BIM UNI CT033/SC05, Segr. Comm. BIM CROIL